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Note di regia

È la prima volta che ho accettato di lavorare in una serie.
Aspettavo un progetto originale, rischioso, urgente… eccolo!
È la storia di sei adolescenti che si uniscono in un gruppo con le dinamiche e le emozioni uguali a quelle di tutti i loro coetanei, ma i nostri sei ragazzi vivono ogni momento con un maggiore livello di intensità, profondità e vitalità perché vivono in un ospedale. Insieme a Sandro Petraglia nelle sceneggiature abbiamo cercato di raccontarli proprio così: ragazzi “normali” che vivono semplicemente e pienamente il loro presente, anche se a volte è molto duro. Una storia di solidarietà e coraggio che offre uno sguardo diverso sulla malattia, che riconosce una grande dignità ai malati e che potrebbe significare molto in un Paese edonista che spesso rimuove il dolore e la malattia e dove sembra che essere ammalati sia una vergogna. In questa storia ci sono sei “eroi”… e non sono tronisti o calciatori.
La cosa più importante era riuscire a trovare sei ragazzi in grado di sostenere questa storia. Ho incontrato alcune migliaia di adolescenti in tutta Italia, e ne ho provinati qualche centinaia. Non cercavo i più belli e nemmeno i più bravi, ma quelli che in qualche modo assomigliassero ai personaggi che dovevano interpretare e che avessero le potenzialità di donare alla storia verità, profondità e simpatia. Credo che abbiamo trovato sei ragazzi un po’ eccezionali.
Abbiamo lavorato duro. Siamo diventati un gruppo. Sul set e fuori.
D’accordo con la Produzione, ho creato attorno ai ragazzi una protezione affinché la fatica e lo stress non rovinassero quello che doveva diventare soprattutto un’esperienza di vita. Mi sono avvicinato con grande rispetto e curiosità a loro. Il mio lavoro è stato soprattutto al loro servizio. Non per aiutarli a recitare, ma per aiutarli a non recitare, a rimanere loro stessi anche davanti alla telecamera, mantenendo la loro verità spiazzante. La “fiction” viene dopo.
Per ottenere questo risultato ho cercato di tenere la “macchina cinema” più semplice possibile. Il lavoro sul set è stato molto serio ed impegnativo, ma insieme alla troupe abbiamo mantenuto sempre vivo un sentimento di gioco e di leggerezza (Il primo regalo ad ognuno di loro è stato un bel naso rosso da clown). La risposta dei ragazzi è stata fantastica; la loro serietà, solidarietà e l’impegno costante sono stati di esempio per tutti noi. A dimostrazione che, quando la domanda è alta, la risposta è alta. Anche dei “ragazzi di oggi”.
Ho cercato di realizzare un film che faccia commuovere ma anche sorridere. Un difficile equilibrio sul filo del rasoio. Parlare di valori, senza retorica. Raccontare il dolore ma avere un film pieno di vita. Vorrei ricordare gli attori adulti che con generosità hanno lavorato con noi, trovandosi via via sempre più coinvolti nel progetto e nella relazione con i ragazzi a volte davvero molto stimolante. Vorrei ricordare tutti i collaboratori. Mi sembra, vedendo il film finito, che ci sia un’unità di direzione, una linea comune, dove il lavoro di uno esalta quello di un altro. Tutti hanno dato qualcosa in più della loro “professionalità” e non intendo solo lavorare senza sosta nei tempi ristrettissimi, ma qualcosa che ha a che fare con il cuore. E voglio ringraziare i produttori e la Rai che mi hanno dato questa opportunità e che hanno voluto e reso possibile questo progetto speciale.

Giacomo Campiotti

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